
Negli anni ’70 dello scorso secolo divenne irrefutabile che la massima infamia fosse avere problemi sessuali. Essere un drogato, essere un delinquente, essere financo un assassino non subiva il medesimo stigma sociale, la medesima ignominia che avere, appunto, problemi sessuali.
Che cosa fosse avere problemi sessuali era al tempo stesso una cosa lampante ed oscura.
In quella categoria dell’infamia non rientravano né i froci né gli stupratori. Né l’inversione sessuale (così ancora si chiamava), né la delinquenza sessuale ricadevano in quella massimamente esecrata fattispecie.
Indicatori piuttosto precisi di quella fattispecie erano la timidezza, l’imbarazzo, la vergogna e, soprattutto, l’arrossire. Colui che non impiegava disinvoltamente parole come «cazzo», «incùlati», «fica», ecc., era guardato con un certo sospetto. Ma solo chi aveva la bestemmia facile poteva dirsi legittimo membro del club dei disinibiti.
Essere inibiti era peggio che essere handicappati.
L’inibito era recepito come un agente provocatore della reazione, una talpa del secolare, del plurisecolare dominio della repressione (la Chiesa, La Famiglia, la Scuola, le Istituzioni), talpa infiltratasi nelle schiere avanguardistiche della nuova spavalderia sessuale.
Il sesso, il problema dei problemi, non era più un problema.
I timidi e gli inibiti occultavano il problema, e si dividevano in due sottogruppi: quelli che uscirono dal gruppo, e quelli che vi restarono, adottando studiatamente un linguaggio ancora più turpe dei veri disinibiti, e millantando, e forse talvolta facendo, cose ancora più spinte dei veri emancipati.
Il quadro si complicò assai, e non ci si capì più niente. Chi era veramente chi?
Poi avvenne un fatto curioso. Tra le file avanguardistiche degli scopatori e delle scopatrici a-problematici, alcuni cominciarono a defezionare, qualcuno fidanzandosi a casa con una ragazza perbene, di cui era nota l’intenzione di arrivare vergine all’altare (sebbene occorresse poi chiedersi a quale verginità alludesse la ragazza perbene, e iniziò a circolare il termine francese démi-vierge…); qualcun’altra cessando di colpo di darla a destra e a manca e frequentando qualche associazione del volontariato cattolico. Vi furono casi, certo estremi, nei quali qualche scopatrice pentita fosse riconosciuta in corteo nella processione del santo patrono. I registri linguistici espunsero, almeno quale canone dominante, il turpiloquio e la blasfemia. Vi furono, certo, distinguo e sottodistinguo. Ma fu evidente che il fronte degli emancipati sine problema fosse stato disarticolato.
Nel frattempo, l’ala secessionista dei timidi e degli inibiti era andata avanti per la propria strada: di essi, molti si erano laureati, avevano messo su famiglia, e avevano cominciato a darci dentro, alcuni e alcune con il furore iniziatico degli adepti. Vi fu il caso di un (ex) timido che divenne uno scopatore rinomato: scopava come un demonio.
I vecchi, irriducibili disinibiti, accoglievano di buon grado la notizia che quel tipo, che era stato per farsi prete, fosse entrato, seppur tardivamente, nei loro stanchi ranghi e li avesse rigalvanizzati, portandosi alla testa del movimento. Volarono pacche sulle spalle, e postumi riconoscimenti.
Tra sbicchierate e cene di vecchi compagni ormai oltre la cinquantina, non fu più chiaro chi avesse o avesse avuto problemi sessuali e chi no.
Non fu più nemmeno chiaro che cosa fossero i problemi sessuali, sebbene ora qualcuno, di ambo gli schieramenti, accennasse sogghignante a problemi erettili o alla menopausa.
E si revocò anche in dubbio che esistessero o fossero mai esistiti i problemi sessuali.
Questo divenne il nuovo problema sessuale.